L’uomo è l’unico essere vivente che adotta sistematicamente un adeguamento comportamentale alle variazioni di temperatura ambientale.

Si copre con i vestiti in maniera progressiva alla diminuzione della temperatura, riscalda gli ambienti in cui vive per mantenere una temperatura costante così come refrigera tutti gli ambienti chiusi con l’aria condizionata d’estate.

Tutto il mondo animale e vegetale invece si adatta alle variazioni di temperatura con variazioni fisiologiche: gli animali potenziano le loro difese naturali contro il freddo (ad esempio aumentando la densità del pelo) e non hanno bisogno di strumenti esterni per gestire le variazioni di temperatura.

Non hanno bisogno di calze, cappotti sciarpe e cappelli o pellicce di altri animali.

Ma siamo proprio sicuri che l’uomo non sia capace di gestire le variazioni climatiche senza ricorrere ad aiuti esterni???

L’uomo nel corso degli ultimi anni non solo ha perso la capacità di resistere al freddo o al caldo ma, grazie ad un perverso meccanismo di fallacia narrativa (vedasi Nicholas Taleb) ha attribuito l’insorgere di malattie virali all’esposizione al freddo.

Non possiamo biasimare nessuno se nel terzo millennio la maggior parte delle persone (sopratutto Milanesi imbruttiti) siano convinti che ci si ammali dopo aver preso freddo: ci sono purtroppo  medici ignoranti che credono ancora che il raffreddore sia provocato da un colpo d’aria.

Con l’avvento dell’era dell’informazione però abbiamo a disposizione strumenti per verificare se queste credenze popolari abbiano un fondamento.

A questo scopo non dobbiamo leggere gli articoli dei magazine italiani di salute ma accedere a PUBMED, la libreria dell’Istituto di Santità Statunitense.

Grazie a questa preziosa risorsa dove vengono pubblicati tutti i risultati della ricerca scientifica in campo medico scopriamo che nessuno è ancora riuscito a dimostrare alcuna correlazione tra l’esposizione al freddo e l’insorgenza del raffreddore.

Il raffreddore infatti è una patologia legata al contatto di un virus, nella grande maggioranza di casi il Rhinovirus, che si sviluppa principalmente nelle stagioni fredde e si diffonde grazie al contatto di microparticelle aeree. Ci ammaliamo quindi perché il nostro vicino in metropolitana ha starnutito e il nostro sistema immunitario non è stato in grado di debellare l’attacco virale.

Grazie al meccanismo della fallacia narrativa mamme e nonne hanno sempre creduto che il raffreddore fosse dovuto al fatidico colpo d’aria.

Per verificare quest’ipotesi numerosi scienziati nel corso di diversi decenni hanno esposto diversi gruppi di persone al virus: metà dei soggetti sono stati mantenuti al caldo e l’altra metà a freddo intenso. L’incidenza della effettiva contrazione della malattia è stata analoga in entrambi i gruppi di controllo. Altri esperimenti di questo tipo sono stati condotti ma nessuno è ancora riuscito a dimostrare una correlazione del raffreddore comune con uno stato di ipotermia.

Anche l’uomo ha a disposizione un nutrito arsenale di armi contro il freddo:

  1. La termogenesi muscolare: i muscoli con la loro attività generano calore bruciando il glicogeno. Nei casi di freddo estremo iniziano a contrarsi ritmicamente per generare calore (brividi).
  2. Il grasso Bruno (Brown adipose tissue). Questo organo è presente in diverse specie animali ma è poco conosciuto e studiato sull’uomo. Per risparmiare energia infatti siamo geneticamente programmati per atrofizzare i muscoli che non usiamo: è sufficiente un mese di inattività per ridurre a zero la massa muscolare di un arto. Per lo stesso principio, vivendo in ambienti a temperatura controllata, perdiamo la funzionalità di questo organo importante che serve a trasformare direttamente il grasso bianco in calore.
  3. Modifica della circolazione e del metabolismo basale: in casi di freddo estremo il nostro sistema cardiovascolare aumenta la pressione e riduce la circolazione del sangue nelle aree periferiche per limitare lo scambio di calore.
  4. Inerzia termica: la nostra massa corporea, come qualsiasi altro corpo, tende a mantenere la propria temperatura. La velocità nella variazione della temperatura corporea dipende dalla superficie esposta al freddo, dalla differenza di temperatura e dalla tipologia dell’aria a contatto con la nostra pelle (umidità, velocità del vento).

Il signor Wim Hof ha dimostrato ripetutamente di essere in grado di stare fermo in una vasca piena di acqua e ghiaccio per quasi due ore o di correre una maratona ad una temperatura di -20 gradi centigradi indossando solo un paio di pantaloncini corti. Non c’è bisogno nemmeno di dire che per le brevissime esposizioni al freddo che possiamo avere alle nostre latitudini (spostamenti effettuati quasi sempre su mezzi di trasporto riscaldati tra edifici altrettanto riscaldati) qualsiasi tipologia di abbigliamento è più che superflua.

Come ci dimostrano personaggi come Wim Hof, Mauro Corona o Vannino Agliana.

Marco Montemagno su Wim Hof

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